Berlusconi - Fini
Lucido,
stringente l'atto di accusa di Gianfranco Fini nei confronti di
Berlusca. Nervosa, arrogante, la controffensiva (non autodifesa, perchè
a suo
modo di vedere non era tenuto a dare conto e ragione ad un
insubordinato) di
Berlusca. Il tutto in un contesto che materializzava il teatro della
poltica odierno. Fini, indubbiamente ha ragione, i suoi argomenti sono
validi,
la sua è una concezione di una destra moderna capace di archiviare
l'armamentario ottocento-novecentesco che ne ha condizionato
l'evoluzione
democratica, ma è in ritardo e il suo atteggiarsi a paladino di un
progetto
condivisibile, lascia spazi di perplessità, non sul contenuto, certo, ma
sul
percorso che l'ha portato a tali conclusioni. Qualche anno fa, quando
Berlusca
lanciò, ed era un buona idea, il progetto di un partito conservatore di
massa,
il leader di AN immaginò di poterne divenire il leader scalzando il suo
autore.
Per questo non ebbe dubbi a imprimere una deviazione al progetto nato a
Fiuggi
costringendo il suo partito a confluire nel PDL immaginando inoltre che
avrebbe
potuto controllare il drappello di colonnelli fedelissimi(sic) che si
inserivano nei gangli direttivi del nuovo partito o che occupvano le
poltrone
di governo. Si era sbagliato, Berlusconi, con tutti i suoi difetti è un
leader
capace di macinare tutto, lo dimostra la sua resistenza nonostante i
tanti guai
che ha incontrato sulla sulla strada, ed ha fagocitato i modesti
personasggi
che Fini ha nutrito. Ora c'è ben poco. Dentro il PDL, partito padronale
non c'è
più spazio per lui. Fini lo ha capito, ma ha anche capito che lasciare
il PDL
significherebbe un salto nel buio. Meglio Casini, è stato più coerente,
nonstante, per il suo stile e la sua storia, forse avrebbe avuto dentro
il Pdl
forse più chanche di divenirne protagonista.
Pasquale Hamel
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