Vincenzo Noto

 

 

CHIUDE IL MONASTERO DELLA PIETA’

 

C’è sconcerto alla Kalsa per la decisione romana che azzera un’opera educativa e sociale a servizio soprattutto dei poveri. Fra gli alunni di ieri la scuola annovera Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

 

            

 

Corre voce alla Kalsa, con disappunto, che il monastero della Pietà chiude battenti per ordine della Priora di Roma. Viene cancellata, d’un tratto, da un quartiere storico la comunità delle suore domenicane che dal 1923 presta servizio, in nome della carità, alle famiglie povere soprattutto. La notizia vola di casa in casa, oltrepassa il perimetro rionale, raggiunge in città le migliaia di donne e uomini formatisi, negli anni successivi al dopoguerra, dentro le mura conventuali frequentando asilo, elementari, doposcuola e attività sociali. Donne e uomini, di varia estrazione – non pochi in ruoli determinanti nella compagine amministrativa, culturale e politica – che conservano l’affetto educativo delle religiose, impegnate per la crescita di bimbi e fanciulle, accanto sempre a un’infinità di famiglie indigenti.

 

Non è possibile – si dice e si grida – che il monastero di via Alloro sia chiuso. Sarebbe un’offesa alla memoria della fede e alla storia. Un complesso edilizio di valore eccezionale, costruito nel 1495 e, dopo alcuni anni, destinato da Francesco Patella, maestro portolano del Regno, a monastero delle domenicane. Per secoli vi regna la clausura. Nel 1923 iniziano ad abitarlo le domenicane di vita attiva, che si premurano a restaurarlo in funzione della missione di educatrici e docenti. Tra gli anni venti e quaranta il complesso, che ingloba sia l’attuale spazio sia palazzo Abatellis, è frequentato dai bambini e ragazzi della Kalsa, in genere poverissimi, il cui destino è la miseria o peggio. Le suore, pur nelle ristrettezze, fanno miracoli. La gente ama questi angeli, vestiti del saio bianco dei predicatori, e consegna speranzosa i figli perché possano essere tolti dalla strada.

 

La seconda guerra mondiale distrugge parti del monastero. Negli anni successivi lezioni e attività si svolgono in stanze di fortuna, mentre i cumuli di macerie sono colline d’assalto per i giochi dei maschietti, che affollano l’edificio, dove nel pomeriggio sono a doposcuola, guidati da studenti universitari. Di questa stagione vivo è il ricordo nella nonagenaria suor Ludovica Gambino e dell’opera assistenziale di madre Elvira, suor Teresa e suor Agnese. Le circondano nugoli di alunni, figli di detenuti, orfanelle, ragazze senza famiglia e molti neonati, figli di nessuno, portati di continuo dal cardinale Ernesto Ruffini e affidati alla Pietà. Innocenti che vengono, per questo, chiamati  figli del cardinale. Fra quanti coadiuvano madre Elvira si trovano due giovani, abitanti del quartiere, la cui memoria onora il monastero di via Alloro: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

 

Ora dall’alto si decreta la chiusura del complesso monumentale destinandolo all’abbandono. Tutto ciò appare surreale. Rientra in una logica enigmatica, lontana da realtà e verità di un monastero divenuto cuore pulsante della Kalsa e rifugio di  bambini e fanciulle, ragazzi, signorine, mamme bisognose, spesso  disperate, d’una minestra, di una parola di speranza. Forse non è pienamente al corrente  la Superiora romana di cosa abbia significato e significhi la Pietà e la scuola annessa per un quartiere immenso, affamato di formazione, di un processo  pedagogico che strutturi, fin dai primi anni primaverili, il sentimento della dignità umana e dell’accoglienza evangelica.

 

Chiude la Pietà per ragionamenti imperscrutabili, mentre restano aperti due anguste case domenicane, dislocate in zone secondarie. Non sarebbe più opportuno che le religiose delle due abitazioni vivessero insieme nel grande convento di via Alloro, costituito da saloni, aule, refettori, dormitori, soggiorni, cappella, cortile, giardino? Insieme per un progetto innovativo, moderno, rispondente alle urgenze sociali della Kalsa, forse della stessa città di Palermo.

 

Un sì straordinario spazio carico di memorie ed emozioni, una volta ricco di opere d’arte potrebbe divenire centro propulsore di attività scolastiche e formative supportate dal volontariato, sede di seminari e studi, focolare di accoglienza e assistenza, luogo di incontri e di cultura in rapporto con l’Arcidiocesi, la Facoltà Teologica, il mondo universitario. Oppure potrebbe risorgere come casa di una nuova comunità, di un giovane istituto di suore, espressione vibrante della chiesa del XXI secolo.

 

Attualmente la Kalsa sta rifiorendo con i suoi palazzi aristocratici, piazze e vie medievali o della stagione barocca: splendore urbanistico che si esalta nella bellezza di chiese come Santa Teresa, Pietà e Gancia. Proprio per questo non si riesce a capire la logica della Priora generale. E’ stordita dalla decisione romana l’avvocato Irene Margherita Fazio, mamma di una bimba frequentante l’asilo conventuale: Constato la scarsa sensibilità dei vertici ecclesiastici responsabili del provvedimento nel non valutare le conseguenze della chiusura dell’asilo e della scuola elementare nel contesto socio-economico di un vasto territorio.

 

Martellante è il tema di una Congregazione che batte ritirata, fugge la quotidianità di un quartiere amato, rifiuta l’orizzonte del futuro. È auspicabile che il monastero della Pietà, a un tempo eremo di silenzio, scuola di spiritualità, centro di formazione possa, rinnovato, irradiare ancor di più in tutta Palermo l’evangelo della Parola e la gioia della carità.

                    

Giovanni Bonanno

 

 

 

progetto: SoMigrafica 2009