Vincenzo Noto

 

 

XVI ANNIVERSARIO

DELL’UCCISIONE DI DON PINO PUGLISI

OMELIA DI

S.E. MONS. PAOLO ROMEO

ARCIVESCOVO METROPOLITA DI PALERMO

 

Cattedrale Di Palermo, 15 Settembre 2009

 

Gesù disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. (cf. Gv 19, 26-27).

 

Figlie e figli miei carissimi!

 

1. In questa memoria della beata Vergine Maria Addolorata, veniamo ancora una volta condotti ai piedi della Croce. Lì, nel momento del supremo sacrificio Gesù consegna a noi tutto se stesso, fino a donare sua madre Maria. Ma – prima di tutto – a lei affida il discepolo amato, Giovanni. E in Giovanni affida l’umanità nuova, la Chiesa che nasce dal suo fianco squarciato per amore, tutti noi che per il Battesimo ricevuto formiamo il Corpo Mistico di Cristo sulla terra.

Anche oggi, siamo dunque tutti convocati a prendere sempre più viva responsabile coscienza che siamo Chiesa, popolo di Dio nato dall’unico sacrificio d’amore del Signore Gesù, che muore e risorge per noi, e che diviene causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono (cf. Eb 5,9).

Maria, disponibile all’indicazione di Cristo, accoglie questo popolo nuovo: come in terra accompagnò la crescita ed il ministero del suo figlio, oggi accompagna e sostiene la crescita ed il cammino del Corpo Mistico di Cristo che siamo noi. E, così come visse il dolore del Figlio Gesù, soffre per il dolore di ogni uomo, abbrutito dal male morale, piagato da povertà di ogni genere. Associata al dolore della Croce, Maria partecipa al dolore dell’uomo.

 

2. È ormai consuetudine che, proprio in questo giorno, che scaturisce liturgicamente dal Vangelo della Croce di Gesù, la Chiesa di Palermo si ritrovi riunita in Cattedrale per fare memoria della barbara e sacrilega uccisione, per mano mafiosa, del Servo di Dio Padre Pino Puglisi, modello di presbitero appassionatamente innamorato di Cristo, della Chiesa e del bene delle anime.

Sedici anni fa come oggi, nel giorno del suo 56° compleanno, egli chiudeva la sua laboriosa e intensa giornata terrena con il sacrificio della sua vita, coronamento di una donazione totale a Dio e ai fratelli quotidianamente resa visibile nella sua vita sacerdotale.

A ricordarlo, questa sera, tutte le componenti della nostra amata Arcidiocesi, che non solo vogliono mantenere vivo il luminoso ricordo della sua vita e del suo ministero, ma intendono consegnarlo sempre più splendente alle nuove generazioni perché tutti possiamo essere spronati dal suo esempio di generosità, e sostenuti dal sacrificio di un presbitero che, nella preghiera, continua ad assisterci dal Cielo.

Si uniscono al ricordo orante di questa assemblea liturgica le gentili Autorità civili e militari, qui convenute, e – prima fra tutte – l’Onorevole Renato Schifani, Presidente del Senato, che, per il viaggio in Estremo Oriente del Presidente Napolitano, ricopre in questi giorni le funzioni di Capo dello Stato. A tutti il mio più cordiale saluto, e il ringraziamento per la sensibilità mostrata nel volervi associare a questa solenne liturgia lasciandovi interpellare dalla figura di don Pino.

 

3. Lo scorso 19 giugno il Santo Padre Benedetto XVI ha indetto un Anno Sacerdotale, un anno – dice il Papa – dedicato particolarmente a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi (cf. Lettera per l’indizione dell’Anno Sacerdotale).

Sono convinto che vi siano diversi modi di ricordare Padre Pino, tuttavia ve ne sono alcuni che finiscono con l’offuscarne la memoria. Forse la tradiscono, anche senza volerlo. Ciò avviene quando si enfatizzano solo alcuni aspetti della sua persona o del suo ministero, soprattutto quelli che stimolano i toni giornalistici, i riflettori dell’opinione pubblica. Tutto ciò può diventare facile riduzionismo. Troppo spesso diviene strumentalizzazione che fa torto a Padre Pino Puglisi, a quello egli ha voluto essere come uomo e come sacerdote: laborioso operaio della Vigna del Signore.

In questo Anno Sacerdotale vorrei con voi riflettere su alcuni tratti di Padre Pino, così come emergono dalla sua vita. Egli non è soltanto un fulgido esempio per noi presbiteri, ma stimolo per una coerente testimonianza evangelica di quanti, con cuore sincero, cercano il Signore e vogliono vivere, in maniera integrale, la sua sequela.

 

4. Il primo di questi tratti, che mi sembra sia il più evidente in don Pino, è la sua generosa identificazione allo stato di vita responsabilmente assunto con l’ordinazione presbiterale ed ai ministeri confidatigli dal Vescovo.

In questo Anno Sacerdotale il Papa Benedetto XVI è tornato più volte ad indicare ai presbiteri questa necessità. In don Pino troviamo realizzata una piena coincidenza fra la sua persona e la sua missione: egli ben comprese che la sua personale santificazione passava necessariamente attraverso l’azione pastorale che era chiamato a promuovere. Non poteva essere sacerdote se non in relazione a quanto, nell’obbedienza alla Chiesa, gli era stato chiesto di fare.

Per questo, Padre Pino, affinò sempre più la sua capacità di ascoltare i bisogni delle comunità che gli vennero affidate di volta in volta, e nelle quali ha esercitato il ministero presbiterale come guida sicura, convinto di dover percorrere con esse un tratto di cammino verso la santità.

l’ascolto del territorio si fa concreto nella lettera che inviava agli amici per chiedere aiuto nell’imminente realizzazione del Centro Parrocchiale “Padre Nostro” di Brancaccio.

Padre Pino non nascondeva che i bisogni della popolazione (8.000 abitanti) sono molto maggiori delle risorse che abbiamo. E continuava a descrivere le povertà delle famiglie, gli anziani malati e soli, il disagio giovanile, la dispersione scolastica, la violenza. Animato da una profonda ansia pastorale, la trasmetteva così ai suoi conoscenti e scriveva ad un certo punto: Che cosa fare per venire incontro a tante necessità?

Sì! Interpellarsi sul “che fare?” era per Puglisi il miglior modo per rispondere ogni giorno al “chi essere?”. La piena dedizione al suo ministero non poteva che assorbirlo totalmente, anche – forse soprattutto – quando le circostanze si facevano per lui particolarmente complesse, come quando, inviato a Godrano, trovò una comunità miseramente segnata da lotte e rancori fra famiglie, divisioni che portarono in qualche caso anche a dolorosi spargimenti di sangue.

Puglisi non antepose mai nulla a questa sollecitudine pastorale: davvero fu figura esemplare per ciascuno dei nostri apostolati, in cui dovrebbe sempre poter risuonare l’amorosa dichiarazione paolina Tutto io faccio per il Vangelo! (cf. 1Cor 9,23).

Ci chiediamo: la nostra azione pastorale è davvero caratterizzata da questa sana inquietudine? Ci consideriamo autentici missionari del vangelo? Siamo capaci – ad ogni livello – di porre tutta la nostra creatività per incarnare la Buona Novella nelle pieghe della storia di ogni giorno?

Carissimi! Padre Pino non cercò mai altro se non di spendersi per il Regno di Dio! Nella piena gratuità non ricercò facili compensazioni, né eroismi da prima pagina. Il suo fu sempre un lavoro nascosto e silenzioso, vicino alla gente, incarnato nel territorio, di incontro vero con il cuore degli uomini. Eppure fu il solo vero lavoro di cui riteneva ci fosse bisogno, lasciandosi guidare nella sua azione pastorale dalla Parola di Dio.

 

5. Un secondo tratto che la nobile figura di don Pino consegna a questa Chiesa è il suo delicato ma solido sentire la comunione.

Ho già avuto modo di affermare che è necessario, da parte di tutti noi, “convertirci alla Chiesa”. Troppo spesso, ad ogni livello, personalismi e protagonismi – anche associativi – finiscono per “filtrare” la pastorale diocesana. La nostra Chiesa ha bisogno di un respiro più ampio, di una missionarietà che tenga conto di tutte le componenti e di tutti i carismi presenti nel popolo santo di Dio promuovendo la reciproca collaborazione per dare nuovo impulso e organicità all’opera di evangelizzazione in un mondo che registra profondi cambiamenti culturali.

Per rendere concreto questo obiettivo – ne sono convinto! – non ci sono ricette precostituite. Solo la via lenta della costruzione di una maggiore comunione, non teorica né soggetta a libere e personali interpretazioni, ma fatta di segni concreti è la possibile soluzione.

Padre Puglisi ha sempre guardato entro quest’ottica, specie nella filiale obbedienza – l’obbedienza dei figli di Dio – al suo Vescovo che, di volta in volta, gli mostrò la porzione della Vigna da servire, nell’invio alla parrocchia di Settecannoli come vicario parrocchiale, a Godrano come parroco, al Centro Diocesano Vocazioni come direttore, al liceo “Vittorio Emanuele” come insegnante di religione, infine nella parrocchia di Brancaccio come parroco, e in Seminario come direttore spirituale.

Padre Pino visse ognuno di questi mandati ministeriali come luogo privilegiato per il suo cammino di santità, dando concreta testimonianza che nel suo operato esprimeva un’unica missione, quella della Chiesa particolare, che si traduce nella cura sollecita del gregge da parte di un unico presbiterio sotto la guida del Pastore diocesano.

In fondo, è dall’obbedienza allo stesso disegno divino di salvezza che Gesù e Maria, sua madre, sono legati. In fondo è da questa obbedienza che scaturisce speranza di salvezza. Nell’obbedienza, anche sofferta, Padre Pino concepì il suo sacerdozio all’interno di una più ampia comunione, mettendolo sempre in stretto collegamento e dipendenza dal ministero episcopale. La sua obbedienza non fu limitata a singoli atti o a singoli gesti: fu piuttosto un atteggiamento esistenziale, il pane quotidiano che nutriva il suo essere nella Chiesa.

Credette nel Vescovo, quale servo della comunione ecclesiale. Credette nella comunione attorno al Vescovo, al punto da parlare così ai suoi giovani, in uno dei tanti campi da lui organizzati: Qual è la funzione del vescovo? Il vescovo è colui che è segno sacramentale, personale della presenza di Cristo, pastore e guida del suo popolo; cioè è lui che raduna il gregge, è lui che lo convoca, è lui che cerca di costruire, dunque, la comunione all’interno della comunità; riconoscendo a ciascuno il suo carisma, cercando di coordinare i vari carismi, i vari ministeri all’interno della comunità; è colui che tesse questo arazzo, sa mettere il filo di quel determinato colore al posto giusto perché poi appaia l’immagine della Chiesa, che è il corpo di Cristo, che è Cristo vivente nella storia, affinché quel volto di Cristo sia attraente per tutta l’umanità.

È significativo che in quella riflessione in cui venivano tracciati i vari ministeri nella Chiesa, Padre Pino dedicò solo poche parole alla figura del presbitero: ne sottolineò soltanto esplicitamente il riferimento al vescovo.

 

6. Infine, come terzo tratto, mi pare che Padre Puglisi sia stato l’uomo del sacrificio di sé.

L’autore della Lettera agli Ebrei, parlando del Figlio di Dio, afferma che imparò l’obbedienza dalle cose che patì (cf. Eb 5,9), trovando il compimento pieno della volontà del Padre nell’offerta di sé.

Don Pino ha ripercorso la stessa strada del Maestro: ha perso la propria vita per guadagnarla. Anche in questo caso è facile cadere in visioni riduttive. Questo “perdere la vita” – infatti – ha trovato spazio prima di tutto nel suo quotidiano spendersi come pastore, nel suo umano incontrarsi con i bisogni della gente, nella sua condivisione semplice e spesso sofferta di tutte le problematiche dei fedeli a lui affidati. Il sacerdozio stesso gli chiese questa dimensione alta della sua esistenza, che divenne servizio ad ogni uomo che intercettava i suoi passi.

La sacrilega uccisione di sedici anni fa sigilla in modo cruento un sacrificio iniziato il giorno dell’ordinazione e vissuto nell’ordinarietà della vita pastorale, con il suo bagaglio di virtù e con l’anelito semplice ma concreto alla santità. E forse per questo, invece di fuggire di fronte all’assassino o ripararsi dai colpi mortali, come agnello mansueto, restando al suo posto si limitò a dire: “Me l’aspettavo”.

Padre Pino si fa così per noi tutti stimolo di fedeltà agli impegni battesimali, come pure a quelli derivanti da una speciale consacrazione. La fedeltà a Cristo – sembra dirci – non è mai separata dal sacrificio. Il sacrificio ne è, anzi, come l’essenza, perché in esso sta il vero amore.

 

7. Per amore Padre Pino ha vissuto, lentamente morendo nel dono di sé. Per amore è morto rimanendo tuttavia per tutti vivo nell’esempio e nella comunione.

Come per Maria ai piedi della Croce, il suo fu un “parto” di speranza. Ogni giorno, pur nelle difficoltà e nella sofferenza, egli fece nascere la speranza nel cuore di quanti lo incontrarono.

Siamo all’inizio del nuovo Anno Pastorale, e nella prossimità della convocazione del Convegno Diocesano del 7-8-14 ottobre. Di fronte alla crisi di valori morali, di principi etici e di dinamiche economiche, la figura di Padre Puglisi ci aiuta tutti ad avvertire questa dimensione ampia del progetto di evangelizzazione che la Chiesa di Palermo vuole continuare a sviluppare nei tre ambiti pastorali: la famiglia, i giovani, il territorio.

“E se ognuno fa qualcosa…”

Ricordare Padre Puglisi significa rendere concreta la speranza per l’uomo in un “qualcosa” da fare. In un “qualcosa” che ognuno è chiamato a fare.

Padre Puglisi lo dice alle famiglie, “piccole chiese domestiche”, perché diventino luoghi di un’autentica trasmissione della fede, e di tutti quei valori umani che costruiscono il futuro della nostra società, nella fedeltà agli impegni battesimali, nel sostegno reciproco, nelle sfide educative del tempo presente, la famiglia deve essere protagonista di speranza.

Padre Puglisi interpella i giovani: “Sì, ma verso dove?” E li mette davanti alla vita che non è un “mordi e fuggi” senza senso, un accumularsi di esperienze di ebbrezza mascherate di divertimento. Non smette di chiedergli del loro futuro, perché non abbiano paura di aprire il loro cuore al Cristo, di guardarlo e di lasciarsi condurre per mano da lui, e sentirlo sempre loro compagno di viaggio nel cammino della vita.

Padre Puglisi ci invita ad interrogarci senza “se” e senza “ma” precostituiti sui bisogni del territorio e ad affrontarli con coraggiosa generosità. Interpella la nostra azione sociale e pastorale. In particolare, rivolge un accorato appello alle Istituzioni, preposte a garantire il bene comune, la dignità degli uomini e delle donne, i loro più elementari diritti. Tanto più che, a sedici anni di distanza dall’uccisione di don Pino, il territorio sembra essere ancora gravato da fenomeni di illegalità e di violenza criminale, che lo abbrutiscono e lo opprimono, minacciando la pacifica convivenza e offendendo gravemente quanti si sforzano di cercare pace e giustizia. Padre Puglisi sembra piuttosto volere indicare la strada del servizio all’uomo, del rispetto della sua vocazione di figlio di Dio, ad immagine e somiglianza del Creatore.

 

8. Così la Chiesa palermitana, illuminata dal Cristo Risorto che sempre ci accoglie in questa Cattedrale, affida questo nuovo anno all’intercessione della Vergine Maria, Madre nostra, mentre è sicura della preghiera e dell’affettuoso accompagnamento anche del Servo di Dio, Padre Pino Puglisi, che rimane per tutti esempio ancora vivo di fedeltà generosa a Dio e all’uomo.

 

 

 

progetto: SoMigrafica 2009