Vincenzo Noto

 

 

CON LE ASPIRAZIONI SANE DEI GIOVANI DI TUNISIA E ALGERIA

Anche noi chiediamo “pane e dignità”

 

Abbiamo iniziato un nuovo anno ascoltando le vivaci e drammatiche proteste in Algeria e Tunisia di tante persone, giovani soprattutto, che chiedono legittimamente “pane e dignità”. Le due nazioni del Maghreb a noi vicine geograficamente e culturalmente, stanno vivendo due emergenze comuni alla nostra Sicilia: la disoccupazione crescente e il basso reddito di molte famiglie. Anche da noi - se non vi sarà una seria e fattiva svolta nelle politiche del lavoro e in quelle sociali - si rischia di incrementare un malcontento che potrà sfociare in gesti violenti e inconsulti. Evidentemente chi governa un popolo o amministra un territorio ha le sue responsabilità. Non si può più sopportare la solita affermazione di chi detiene il potere politico/amministrativo - simile al gesto di Pilato di lavarsene le mani - che “è da anni che vi sono questi problemi”. Le persone serie e oneste non rimandano sempre ad altri le loro incapacità o il pensare quasi esclusivamente ai loro interessi individuali. Abbiamo urgente bisogno nelle istituzioni di uomini e donne competenti e capaci di progettare azioni adeguate per dare speranza e onorabilità a tanti che cercano un lavoro e una sicurezza economica degna di questo nome. Quotidianamente incontro padri e madri di famiglia che sentono il peso di vedersi negata qualsiasi prospettiva occupazionale per loro e per i propri figli. Sta venendo meno purtroppo la dignità umana. Un buon dizionario ci ricorda che la dignità è quella “considerazione in cui l’uomo tiene se stesso e che si traduce in un comportamento responsabile, misurato, equilibrato”. Rischiamo invece di vedere insorgere anche in mezzo a noi comportamenti e scelte non equilibrate e di sfiducia generalizzata. Già da tempo ci hanno “affibbiato” “l’etichetta” di essere presi dalla morsa della rassegnazione e della passività - storicamente, fenomeni e mentalità non nuovi nel nostro Sud - , ma dobbiamo evidenziare che vi sono delle ragioni che hanno portato diversi meridionali a questi contraddittori e nocivi comportamenti. Gli abitanti del Sud d’Italia spesso sono stati trattati e considerati quasi esclusivamente come “sudditi” e braccia da lavoro (prima “granaio di Roma” e poi recente contenitore di “operai robusti” per le fabbriche delle regioni settentrionali). Certo non è mancato un diffuso atteggiamento asociale e di familismo esasperato che ha contribuito a sfaldare le nostre comunità e quindi a far allontanare dalla partecipazione convinta all’interno degli organi pubblici di rappresentanza democratica. Oggi - senza guardare agli errori veri o presunti del passato - dobbiamo stimolarci vicendevolmente a condividere le giuste e autentiche aspirazioni di chi chiede di vivere avendo un lavoro e un salario adeguato, di poter presentare pacificamente le sue critiche e proposte a chi dovrebbe assicurare equità e rispetto dei diritti fondamentali (libertà di espressione, di associazione e di religione, possibilità di contribuire al bene e alla serenità della comunità, sicurezza e protezione da ogni arbitrario e illegittimo potere, sostegno educativo e sanitario). Non è rinchiudendosi nel proprio “guscio” o difendendo a ogni costo le ingiuste ricchezze o privilegi che ci strapperemo al pericolo di uno scontro sanguinoso e senza fine, ma aiutandoci a vivere nel rispetto e nel rinnovamento costante di ogni forma ingiusta e arrogante di rappresentanza popolare. Dio ci ha creati e redenti per essere uomini liberi e solidali e non per rimanere schiavi o dipendenti da qualcuno.

 

Francesco Fiorino

 

 

 

 

progetto: SoMigrafica 2009