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Ridurre la spesa pubblica senza colpire i più deboli

 

La grave crisi finanziaria incide sempre più negativamente sul tessuto sociale, dai macrosistemi del Paese e delle Regioni ai microsistemi delle nostre città dove, dal momento in cui non si riescono a pagare stipendi di vaste fette dell’impiego pubblico, manca denaro per le attività terziarie che ne risentono a loro volta; mentre i crescenti tagli in settori importanti (servizi sociali, sanità e scuola) condizionano la qualità della vita per tutti e soprattutto per chi fa più fatica.

 

Non si tagli nei servizi sociali essenziali

Diventa importante non rassegnarsi, ma per questo è necessario che si possano avere prospettive. A tutti i livelli. Quanto agli enti pubblici, i Comuni stanno usando sempre più il “decreto salva-enti”, che può evitare il dissesto e quindi pesi maggiori in termini di tasse e di mobilità del personale. Questa scelta comporterà rigorose politiche delle entrate e delle spese, ma anche tagli in servizi e iniziative. Ci sembra importante e necessario che i tagli non riguardino i servizi per le fasce più deboli! E se la compartecipazione ai servizi secondo fasce di redditi diventa comprensibile (e anzi auspicabile nella misura in cui resta equilibrata), non è accettabile che diminuiscano servizi essenziali come le varie forme di assistenza ai diversamente abili, agli anziani e ai bambini; le iniziative di integrazione sociale e i servizi di prevenzione, che permettono di evitare costi sociali più alti. Diventa anzi necessaria, per certi versi e in certi ambiti, l’estensione e soprattutto la qualificazione degli interventi. E comunque, quando ci sono situazioni di disagio, occorre fare di tutto per aiutare e le risorse devono essere ricercate come prioritarie.

 

Facciamo tutti la nostra parte, la cultura sposi il sociale

Amministratori e Consigli Comunali sono i primi referenti di un risanamento che non colpisca in modo indiscriminato e operi tagli in primo luogo su ciò che non è essenziale. C’è però un doveroso concorso di tutti perché - nella qualità dei servizi - entrino in gioco le reti diffuse di solidarietà, la cittadinanza attiva, il calore del vicinato. “Chi può dia!” – abbiamo detto più volte. Tutti dobbiamo, quindi, adempiere ai nostri doveri civici, a iniziare dalle tasse! E, se diventerà necessario diminuire spese per sport, spettacolo e cultura, si conservino attraverso forme più sobrie e popolari. E la cultura sposi il sociale, non solo in termini di risorse, ma soprattutto di iniziative pensate e realizzate avendo a cura inclusione sociale, tensione educativa, crescita di una sensibilità attenta agli snodi della solidarietà, dalla legalità, della giustizia sociale, della pace.

 

La luce e la forza del Vangelo, tesoro portato in “vasi di creta” ma tradotto in segni concreti

Sappiamo che parlando come Caritas, organismo ecclesiale, rimandiamo alla comunità ecclesiale, chiamata per prima a dare una testimonianza credibile, e per questo la prima sollecitazione è alle nostre stesse comunità. A noi e a tutti possiamo però offrire un messaggio come quello del Vangelo che, seppur “portato in vasi di creta”, diventa luce e forza per molti, anche se si crede con fatica o si crede diversamente. Il nostro peraltro non è un semplice auspicio, perché ogni giorno si tenta di coltivare segni concreti di vicinanza ai poveri mettendo insieme amore e intelligenza. Queste “opere della carità” sono per molti poveri possibilità di “ripartenze”, per chi sostiene palestre di vita buona e bella, per la città semi che possono farla rifiorire più giusta e fraterna.

 

Il direttore della Caritas diocesana di Ragusa

Maurilio Assenza

 

 

 

 

 

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