Ieri e oggi per fare Pasqua
Tenacemente dalla parte dei “crocifissi viventi”
La
prossima Settimana Santa sarà l’occasione, anche per i più “distratti”,
di guardare maggiormente a Colui che “hanno trafitto”. Le diverse
liturgie - soprattutto quelle del Triduo pasquale -, le rappresentazioni
popolari della Passione del Signore che si realizzeranno in molte
località, immagini-richiami, seppur brevi, di qualche notiziario
televisivo, ci aiuteranno a interrogarci: - per dirla con le parole del
cantautore Fabrizio Moro – “perché Gesù Cristo
è morto in croce per me”. Riecheggerà in noi - ce lo auguriamo -
l’antica profezia del profeta Zaccaria, che invita i popoli interi a
riferirsi a Gesù, il Crocifisso, il Risorto e che Gesù conferma durante
la sua vita: “Quando io sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”.
Tanti, donne e uomini, in questi 20 secoli di storia, hanno rivolto lo
sguardo a Gesù, “Colui che è stato trafitto”. Anche noi saremo chiamati
allo stesso gesto, a fissare gli occhi su questo “trafitto”.
L’annuncio che in questi giorni riascolteremo
costantemente sarà: Gesù che ha patito ed è morto in croce, è risorto, è
il Vivente. Saremo invitati ad incontrare il Risorto e a riconoscerne
l’azione nella storia e nel vivere quotidiano. Gesù
- come nel contesto dell’Ultima Cena
- dove spezzò il pane e così anticipò la sua morte e la sua
risurrezione, dando se stesso ai discepoli, continua a spezzare il pane
con noi e per noi, si fa presente con noi nella Santa Eucaristia,
“risveglia” i cuori. Nella Eucaristia, nell’incontro con la sua Parola,
possiamo anche noi incontrare e conoscere Gesù. Ogni domenica quindi la
comunità cristiana rivive così la Pasqua del Signore, ma riceve anche
il suo “testamento-comando” di amore e di servizio fraterno. Purtroppo
spesso rischiamo di trascurare l’impegno a riconoscere la presenza viva
di Cristo nell’umanità di oggi. Circa un mese fa il Cardinale Sepe,
Vescovo di Napoli, ricordava con molta chiarezza che “non
possiamo celebrare la Pasqua senza tenere ben presenti il significato,
il valore e la forza del Calvario e della Croce, senza rivolgere il
nostro cuore e le nostre braccia ai "crocifissi" di oggi, ai più deboli,
agli emarginati, ai sofferenti, agli ultimi. (…)
Dobbiamo saper riconoscere i nuovi "crocifissi", i giovani immigrati
che, con speranza e fiducia nell'umanità, attraversano i nostri mari e
le nostre terre in cerca di futuro e spesso, invece, incontrano
indifferenza, insensibilità e intolleranza, se non violenza e morte; i
precari, i senza- lavoro; i giovani dai sogni infranti, soli e senza
affetti; i giovani disoccupati. Di fronte a tanta
miseria, (…) dobbiamo dire la verità, anche denunciando coloro che,
ancora oggi, per egoismo, per arrivismo, per ingordigia, per arroganza o
per inefficienza inchiodano sulla croce gli innocenti, i più deboli, i
giovani”. Con tenacia, con inventiva e fantasia,
dobbiamo saper andare incontro a chi è più debole. Nella morte in croce
di Cristo, tutte le illusioni umane di potenza e le false idee di Dio
crollano. Come diceva il grande teologo Von Balthasar siamo chiamati a
un radicale cambiamento: “nel servire e nel lavare i piedi alle sue
creature, Dio si manifesta nell’essenza della sua divinità e fa
conoscere fino in fondo l’abisso della sua gloria”. Il Morto-Risorto
perciò ci interpella, ci indica la rivoluzione quotidiana da compiere:
saper rischiare e solidarizzare con tutte le vittime dell’ingiustizia,
dell’odio e dei propri errori e fragilità, come quel Crocifisso che si
fece loro fratello e liberatore. Si fa veramente Pasqua quando si agisce
con e per il riscatto dei
“crocifissi viventi”.
Francesco Fiorino
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