Vincenzo Noto

 

 

A proposito del crocifisso

Il contributo del professore di filosofia

 

 

Vi ricordate di Pietro Aglieri? Il personaggio in questione s´era costruito una cappella personale con tanto di crocifisso a protezione della casa privata, forse per ricordare la placida atmosfera degli anni trascorsi nel seminario da imberbe adolescente. Ebbene, non solo la sua casa, ma quasi tutti i portafogli degli appartenenti alle varie famiglie mafiose contengono una miriade di immagini sacre e longevi santini, fra cui spiccano i vari crocefissi, le effigie della Annunziata, della miracolosa Santa Rosalia, della solitaria Madonna di Tagliavia con i suoi panciuti monaci, nonché del patriarca San Giuseppe, e sicuramente oggi vi trova posto anche l´onnipresente volto di san Pio da Pietralcina. Di alcuni poi vi sono addirittura doppioni, quasi varianti di una stessa melodia.
E che dire di tutti quei pesanti crocifissi d´oro ostentati su zerbini villosi della regione pettorale, che fanno bella mostra di sé su personaggi molto appariscenti e "ntisi", ma poco inclini a quella meditazione che "lo scandalo" della croce dovrebbe provocare? Ed in rapporto a questi tradimenti, allora cosa pensare del crocifisso in un periodo in cui si discetta se attribuire "visibilità" ad esso, un simbolo che ci interpella nel tabernacolo più intimo della nostra coscienza, perché è proprio là che alberga la voce di un Dio che si fa uomo "solo per me", nel senso che aspetta una adesione personale che impegna tutto il mio essere.
Nel suo lavoro Avventura di un povero cristiano, Ignazio Silone mette in bocca al personaggio di Celestino V parole semplici ma chiare sul significato e l´uso della benedizione richiesta insistentemente dall´aiutante del re nell´imminenza di partire per una guerra:
"Il segno della benedizione cristiana è quello della Croce. Voi sapete, vero, che cos´è la Croce. E le parole della benedizione sono. In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Se ho ben inteso, voi mi avete suggerito di dare la benedizione ai soldati in procinto di partire per la guerra, pensando ad altro. Avete voluto scherzare? Sarebbe un orribile sacrilegio. Col segno della Croce e i nomi della Trinità, si può benedire il pane, la minestra , l´olio, l´acqua, il vino, se volete anche gli strumenti da lavoro, l´aratro, la zappa del contadino, la pialla del falegname, e così di seguito; ma non le armi. Se avete un assoluto bisogno di un rito propiziatorio, cercatevi qualcuno che lo faccia in nome di Satana. E´ stato lui a inventarle le armi".
Ma quante guerre, talvolta definite sante, sono state e sono combattute sotto il segno della croce.
Negli anni settanta circolava un manifesto che raffigurava Gesù Cristo che, dopo aver dato un cazzotto a Fanfani, si ripigliava la croce dal simbolo scudocrociato della defunta Democrazia Cristiana. E qui sta un´altra questione sollevata: il crocifisso come strumento di identificazione culturale. Una tale affermazione nasconde una sottile quanto pericolosa strumentalizzazione. Non si può pensare di utilizzare la fede mossi dal bisogno di riappropriarsi delle radici storiche e culturali: questa esigenza nasce dal fatto di avere storicizzato e quindi sclerotizzato il messaggio evangelico che esige, è vero, una incarnazione ma che sempre si sottrae ad ogni compiuta realizzazione ed alla pretesa di un definitivo possesso della verità storica e metastorica. Non si può più ragionare in termini di societas cristiana: oggi viviamo in un mondo pluralista, multietnico e multireligioso . Usare il crocifisso come simbolo identitario di una determinata cultura significa fare uno sconto alla complessità che caratterizza il nostro mondo: sarebbe come peccare di faciloneria e di semplicismo. Pertanto la croce di cui dovremmo caricarci, gloriarci e che dovremmo esibire non può che albergare dentro di noi; e se dobbiamo essere vangeli viventi, come ci ricorda il Magistero della Chiesa, allora dovremmo diventare noi stessi "crocefissi viventi", nel senso di incarnare nella vita il messaggio del Cristo sofferente, crocifisso, morto e soprattutto risorto dopo il terzo dì. E sicuramente la chiave interpretativa del cristiano e di tutta la querelle sta proprio nella resurrezione, evento fondante di tutta la vita del cristiano e non nella elefantiasi staurologica. Stranamente chi non si è scaldato tanto nella recente polemica in relazione al pronunciamento dell’organo europeo sulla presenza del crocifisso nelle classi scolastiche italiane, è stato proprio chi vive quotidianamente e profondamente la realtà della fede; al contrario, molti laici si sono dimostrati più clericali e bigotti di alcuni cattolici praticanti. E non mi riferisco solo a persone comuni ma anche a molti intellettuali.

Roberto Lopes


Insegnante di filosofia e storia presso il liceo classico “Vittorio Emanuele II” di Palermo.

 

 

 

progetto: SoMigrafica 2009