Vincenzo Noto

 

 

Dalla crisi alla ripresa

 

Il Rapporto-proposta sulla "sfida educativa"

"Ci vuole l'educazione e ci vogliono maestri capaci di insegnare. Ma è difficile avere l'una e gli altri se non c'è un patrimonio di valori e di saper, diciamo pure una tradizione, ritenuta degna di essere tramandata". È la constatazione che fa da sfondo al Rapporto-proposta del Comitato per il progetto culturale della Cei, dal titolo "La sfida educativa", che verrà presentato a Roma il 22 settembre (ore 18, via di Villa Sacchetti 17). Il volume, già in libreria per i tipi degli Editori Laterza, vuole "sollecitare una riflessione sullo stato dell'educazione e, più in generale, sulla realtà esistenziale e socio-culturale dell'uomo d'oggi, alla luce dell'antropologia e dell'esperienza cristiane". L'obiettivo, spiegano i curatori dell'iniziativa della Cei, è quello di "promuovere una consapevolezza che possa dar luogo, nel nostro Paese, a una sorta di alleanza per l'educazione in grado di coinvolgere tutti i soggetti interessati al problema, dalla famiglia alla scuola, al mondo del lavoro, a quello dei media". Tutto ciò, in sintonia con gli Orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il prossimo decennio, che saranno dedicati a quella che il Papa, nella lettera indirizzata alla diocesi di Roma nel gennaio scorso, ha definito l'"emergenza educativa".

 

Una "collaborazione a tutto campo". "Nel nostro tempo, almeno in Occidente - scrive il card. Camillo Ruini, presidente del Comitato Cei per il progetto culturale, nella prefazione del Rapporto - l'educazione è diventata, in maniera nuova, problema". Soprattutto, per il cardinale, "sono diventati più incerti e problematici i rapporti tra le generazioni, in particolare riguardo alla trasmissione dei modelli di comportamento e di vita, tanto che specialmente sotto questo profilo si tende a parlare di frattura o di indifferenza tra le generazioni". In questo scenario, "appaiono ridotte e precarie le possibilità di un'autentica formazione della persona, che comporti una buona capacità di orientarsi nella vita, di trovarvi significati e motivi di impegno e di fiducia, rapportandosi agli altri in maniera costruttiva e non smarrendosi davanti alle difficoltà e le contraddizioni". In altre parole, "mentre sono aumentate le opportunità e le facilitazioni a nostra disposizione, diventa più arduo tenere insieme la consapevolezza di sé e del mondo in cui viviamo, la libertà e la responsabilità delle nostre decisioni, cioè quegli elementi che sembrano essenziali per una vera educazione". Da parte sua la Chiesa, fa notare il card. Ruini, ha sempre avuto a cuore il "lavoro educativo" e oggi intende farsi carico dell'"emergenza educativa" promuovendo una "collaborazione a tutto campo", anche con i non credenti.

 

Educarsi ad "essere uomini". Al centro del Rapporto, fa notare il card. Ruini, non ci sono le "tecniche educative", ma l'educazione intesa come "un processo umano globale primordiale, nel quale entrano in gioco e sono determinanti soprattutto le strutture portanti - potremmo dire fondamentali - dell'esistenza dell'uomo e della donna: quindi la relazionalità e specialmente il bisogno di amore, la conoscenza, con l'attitudine a capire e a valutare, la libertà, che richiede anch'essa di essere fatta crescere ed educata, in un rapporto costante con la credibilità e l'autorevolezza di coloro che hanno il compito di educare". "Abbiamo bisogno di educazione, non tanto per essere buoni cittadini o buoni cattolici, ma semplicemente per essere uomini", è una delle affermazioni di fondo del Rapporto, a partire dalla consapevolezza che "siamo tutti in qualche modo attori del processo educativo".

 

L'indebolimento della "differenza". In una società che "ha come abdicato al suo compito educativo", e che "in nome di una sterile neutralità, ha abbandonato i giovani alla loro solitudine, sempre più in balìa della violenza e della volgarità e sempre più incapaci di venire a capo della loro vita", a causa di adulti "disorientati e affaticati", che "sembrano assistere impotenti al malessere dei propri figli, timorosi di esercitare il proprio impegno educativo", occorre "rilanciare la dimensione antropologica decisiva dell'educazione, alla luce dell'antropologia e dell'esperienza cristiana". È quanto si legge nell'introduzione del volume, in cui si fa notare che oggi "viviamo in una società dove sembra che tutto sia possibile indifferentemente; ove qualsiasi idea o stile di vita sembra avere lo stesso valore; dove il potere dell'apparato tecnico-economico sembra volersi emancipare da ogni istanza umana; dove i desideri sembrano diventare diritti e l'estetica sembra prendere il posto dell'etica". Ma anche "questo mix paradossale di funzionalismo e pensiero debole si sta a sua volta sgretolando, rilanciando l'urgenza di una nuova riflessione sui presupposti antropologici di ogni organizzazione sociale, quindi dell'uomo e della sua dignità". In altre parole, "il trionfo della differenza, esaltata come pretesto per affermare a qualsiasi livello il diritto di fare ciò che ci piace, di fatto sta ormai capovolgendosi nel suo indebolimento. Se tutto è egualmente possibile, allora anche la differenza diventa indifferente". Il risultato è che "brancoliamo nel buio, fatichiamo sempre di più a dare senso alla nostra libertà, mentre la società sembra muoversi per proprio conto, come se gli uomini non esistessero".

 

 

 

progetto: SoMigrafica 2009