Vincenzo Noto

 

 

Fermati un attimo, Gesù 

 

Ho coronato di luce i miei giorni. Sono entrato nel grembo di Dio e mi ha partorito le sue beatitudini. Ho letto negli occhi della gente le pagine del tuo vangelo. Il dolore è il fiato di Dio a cui nessuno può resistere. Da dieci anni mi hai effuso il dono delle lacrime, amare agli occhi della gente ma in te sono rugiada che fa germogliare grazia nella mia carne. Attende Domine. Non fuggire. Non andare così in fretta. I tuoi passi sono fulmini. Ti vedo sempre correre, sempre più in fretta. Attende Domine et miserere, quia peccavimus tibi. Oculos nostros sublevamus flentes. Attende Domine. Come lodarti nella fretta. Come riconoscerti nel passare veloce dinanzi alle nostre porte. I nostri occhi sono miopi dinanzi alla tua grazia. Attende Domine. Non andare oltre il tempo. Noi non capiamo niente. Non andare oltre i nostri pensieri, noi nell’infinito ci smarriamo. Non andare oltre il nostro sguardo. Vediamo limitati e appena solo vicino. Ti posso confidare i drammi della gente. Ti posso confidare i dubbi su di te, sulla tua croce, sulla tua risurrezione? Attende Domine. Fermati un attimo. Parliamone. La gente non sopporta che Tu, Dio, possa essere un condannato a morte. Neanche agli innocenti io riesco a spiegare che tu hai accettato la morte per distruggere la morte. Qui la morte c’è ancora e impera con cattiveria. Qui le condanne ci sono ancora e schiacciano solo gli innocenti. E tu mi assicuri che la morte è la più grande libertà. Libertà dal tempo. Libertà dagli intrighi. Libertà dal peccato. Libertà dalla carne. Libertà dall’odio. Libertà dalle guerre. Libertà dal nulla. Libertà dal non sapere. La morte è la chiave per aprire il cielo. La morte è il parto per nascere nell’eterno tuo divino. Ma la gente non vuole sapere del cielo. Tu ci hai incantato delle meraviglie della terra e poi ci parli solo del cielo. Neanche i sofferenti comprendono che la tua croce è il nostro letto d’amore con te. Lassù sulla croce abita solo il silenzio e nessuno è capace di spiegare le scelte di Dio. Eppure ci affermi solennemente, da lassù, che tutto hai compiuto: la salvezza, la perfezione, la divinità, la redenzione, la predestinazione, l’eternità nella carne di ogni vivente. Tutto hai compiuto e che lassù hai solo il compito di consegnare tutto a tuo Padre, nella consegna del tuo stresso spirito. Nelle tue mani, Padre, consegno il mio spirito. Tuo e nostro spirito. Consegna mirabile. Consegna sicura. Consegna per tutti. Nessuno escluso. Consegna perfetta. Consegna che metti persino in dubbio le clause della tua stessa chiesa. Fermati, ascolta, Signore. La caverna del male ci inabissa nella disperazione. Anche la madre più semplice si perde nel fare il bene. No, non conviene essere buoni. Chi fa del bene, riceve del male. Eppure io faccio più fatica a fare del male ma la gente non crede più alla solidarietà verso l’altro. Chi fa del bene, riceve sberle in faccia. Così dice la gente. E tu che dici? Come la metti con questa nostra situazione? Non darmi, ti prego, la solita risposta che in cielo troveremo la ricompensa. Nella notte più oscura tu sei sempre l’autore della luce. Illumina oggi, nei giorni del nostro tempo, una motivazione valida. Oggi e non domani. La gente crede solo al tempo. Del resto tu ci hai creato le ore, i giorni solo per poterti qui incontrare. Il bene è la saggezza del dormire in pace, di dormire tranquillo nelle vostre notti fatte di tempo. Forse, Signore, ci siamo convinti  che vivere onesti fa bene al cuore. Tuttavia molti gridano nella rabbia che i buoni li prendi subito e che i malvagi restano più a lungo a fare del male. Che tremenda storia è questa anche per te che hai fatto bene tutte le cose. Forse ancora nel silenzio mi darai risposta al dualismo del bene e del male. Io non so capire niente. Il capire il divino è assurdo per noi, qui sulla terra. Io sono certo però che tu sei il sommo bene e che qui sulla terra ti sei fatto vincere dal male per sconfiggere qui tra noi il sommo male. Che terribile il male. Come può sussistere dinanzi al tuo volto, Signore? L’angoscia però che assilla i nostri giovani è il nulla. L’abisso del nulla affascina anche i più sapienti della parola e dell’arte. Nel vortice del nulla è dire nulla smarrirsi. E tu vedi uomini smarriti nella filosofia, nell’ingegno delle stesse intuizioni. Smarriti artisti nelle loro opere evanescenti. Tante vie per incontrarti e il nulla ci dà una risposta sicura che tutto viene dal fato e che tutto è una pura illusione della mente. La mente non può che pensare il nulla. Il niente è la voce che ci quieta. Il niente è la situazione che annienta ogni nostro dramma. E tu nella luce del nuovo giorno mi alzi in piedi. E mi addolcisci, vedi se una molecola di un solo filo d’erba, così ricamata, così splendida nella sua architettura, possa scendere dal nulla. Vedi se l’arcobaleno dopo le bufere così luminoso di colori possa splendere dal niente. E vedi dentro di te se lo spirito che ti innalza su voli d’aquila possa  planare nell’abisso del nulla. Il nulla altro non è che l’ansia della ricerca dell’eterno, l’ansia della ricerca dell’assoluto fatto da meraviglie continue da stupirsi. Il nulla è l’assoluta cieca via che porta a me. La mente dei vostri cuori è fatta per amarmi e incontrarmi. L’amore è l’unica via che non può essere accecata dal nulla. Solo l’amore non si smarrisce nel cercarmi anche sulla croce più lacerante. A tutti do la forza di salire sulla sapienza della croce. Tuttavia, Signore, il calvario, qui sulla terra, è il capolavoro del fallimento. Non ci piace, Signore, un Dio fallito. Non ci piace, Signore, che anche tu debba morire come noi. La risposta non è la croce ma ciò che attraverso essa si scopre. Il tempo non può vedere ciò che la croce spira nel suo letto d’amore. Guarda in alto. Alza gli occhi al silenzio e non parlare dinanzi all’eterno, anche il fiato della terra annebbia il divino che spira dalla croce di ogni uomo. Non so dire nulla dinanzi alla tua sapienza di scegliere qui sulla terra solo il tormento e la bufera del sangue. Io confido in te, Gesù. Per quanto io mi inabissi nell’oceano del sapere io resto sempre senza sapere. Resto senza nulla, anzi non esisto, se non ci sei tu. Fermati accanto a me. Sai facciamo così, se vuoi vieni ad abitare per sempre in me, o meglio spezzo l’eucaristia ed entro per sempre dentro di te.  E’ questo pane che mi apre la sapienza nella carne povera di idrogeno e di ossigeno divino. Finalmente un buon appetito. Non aprire tutto il cielo però, Signore, perché altrimenti io mi smarrisco ancora. Un po’ alla volta è la quiete del cuore. Oltre non sa andare. oltre non sa amare.

 

Paolo Turturro

 

 

 

 

progetto: SoMigrafica 2009