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ELEZIONI IN SICILIA

Come risalire?

Dai risultati un monito severo ma anche un motivo forte per ricostruire

Rosario Crocetta è il nuovo presidente della Regione Sicilia. È stato eletto con il 30,5% dei voti, ma a ben guardare lo hanno scelto solo poco più di 550mila cittadini sui potenziali 4 milioni e 400mila elettori. Infatti, il dato più eclatante di questa elezione è stato un astensionismo che ha raggiunto il record del 52,58%, più della metà dei siciliani, insieme con il 18% dei voti raggiunto dal movimento di Beppe Grillo. Numeri che sconvolgono equilibri e certezze. E danno la dimensione della disaffezione e delle pulsioni antipolitiche ormai diffuse tra gli elettori. L’altra faccia dei due boom sono il crollo del Pdl, che raccatta il 12,8%. Non fa molto meglio il Pd, con il 13,5%, che però stavolta ha dalla sua parte il 10,8% dell’Udc e comunque vince con Rosario Crocetta. A Giuseppe Savagnone, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della cultura della diocesi di Palermo, Gigliola Alfaro per il Sir ha chiesto di riflettere su questi dati.

 

Professore, quale messaggio viene da queste elezioni regionali siciliane?

“Non c’è da esultare per questo risultato né per qualsiasi altro risultato fosse venuto dalle elezioni. La stragrande maggioranza dei siciliani, sia attraverso l’astensione sia attraverso il voto al Movimento 5 stelle, ha mostrato un rifiuto radicale della politica. I siciliani hanno oramai davanti a sé un’immagine della politica inaccettabile, che spinge a risultati come questo. Occorre riflettere su un dato: il nuovo presidente della Regione, con il suo 30,5% del 47% dei voti, ha in realtà meno del 15% dei voti di tutto l’elettorato. Questo fa capire quanto la politica si sia scollata dai cittadini in questi ultimi anni. Certo non è colpa di Crocetta, ma degli amministratori del passato, grazie ai quali i siciliani hanno ‘imparato’ che la politica è qualcosa che non li riguarda più, ma tocca solo quelli che riescono ad avere rapporti clientelari con il potere”.

 

Si poteva ipotizzare un così alto tasso di astensione prima delle elezioni?

“Era ovvio. La tentazione di scegliere questa strada è stata forte per molti. Io non mi sono astenuto per un dovere di coscienza, ma istintivamente tanti hanno scelto l’astensione per mandare un messaggio chiaro ai politici: ‘non siete capaci di governare, tornate a casa’. Quello che colpisce nella gestione della politica in questi anni, infatti, è stata la spudoratezza: non si è nemmeno finto di voler governare”.

 

Quale può essere la strada per uscire da questa situazione così compromessa?

“Ormai noi siamo arrivati al fondo. L’astensione dice ancora una volta di più che gli attuali politici vanno sostituiti. La nostra speranza è di lavorare dal basso, a partire dalla società civile, per ricostituire i germi di una futura classe dirigente, certo non in nome dell’antipolitica. In fondo, l’appoggio al Movimento 5 stelle è stato l’emblema di un malessere, che si esprime in modo solo emotivo, ma che può essere convogliato positivamente se si fa un serio lavoro di presa di coscienza”.

 

La Chiesa quale ruolo può giocare in questo momento?

“Per la Chiesa siciliana è un momento di grande opportunità, perché può diventare protagonista del lavoro di formazione delle coscienze. La Chiesa, infatti, ha una capacità di penetrazione capillare non soltanto con le scuole di formazione all’impegno socio-politico, che raccolgono un’élite, ma con un lavoro nelle parrocchie per educare a una nuova cittadinanza, che è una premessa pre-politica per poter sviluppare una nuova politica, a partire dai cittadini stessi. Nel creare una nuova percezione della cittadinanza, avremo, paradossalmente, un importante alleato: la mancanza di denaro pubblico. La vecchia classe politica si basava sulle clientele, ma non essendoci più soldi pubblici da sfruttare, non avranno più il mezzo per accattivarsi il favore della gente. Ma la vera speranza è questo lavoro di formazione a una cittadinanza nuova, che è la premessa per la politica. Bisogna educare al bene comune, già nella piccola esperienza quotidiana del catechismo, insegnando i doveri di un cristiano per la sua città, il suo quartiere, la sua scuola. La Chiesa deve oggi contribuire alla formazione di una nuova generazione di elettori, rendendoli capaci di discernere su chi votare e far capire che chi dà soldi o promette un posto di lavoro per farsi votare non è la persona giusta, perché sta facendo il male della collettività. Questo è il primo passo educativo e culturale, per creare poi una nuova classe politica”.

 

a cura di Gigliola Alfaro

 

 

 

 

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