Vincenzo Noto

 

ISTAT: 22% FAMIGLIE IN DIFFICOLTÀ, DA SPESA AD AFFITTO


Più di una famiglia italiana su cinque (il 22,2% del totale) ha difficoltà economiche di vario grado: dal non poter affrontare spese impreviste sino al non avere i soldi per comprare cibo e vestiti o pagare l'affitto e le bollette. Si tratta di oltre 5,3 milioni di famiglie in valori assoluti. Al contrario, in circa 10 milioni, ossia il 41,5% delle famiglie, non presentano alcun disagio. A questi, si aggiunge un altro 36,3% (8,8 milioni) che vive in condizioni di «relativo benessere». È la fotografia che emerge dall'ultimo rapporto annuale Istat sulla situazione del Paese. In particolare, circa due milioni e mezzo di famiglie (10,4% del totale) segnalano «difficoltà economiche più o meno gravi e risultano potenzialmente vulnerabili soprattutto a causa di forti vincoli di bilancio». Spesso non riescono ad effettuare risparmi e nella maggioranza dei casi non hanno risorse per affrontare una spesa imprevista di 700 euro (83,5%). Circa un milione e 330 mila famiglie (5,5% del totale), invece, incontra «difficoltà nel fronteggiare alcune spese». La maggioranza di queste famiglie, dice il rapporto, si è trovata «almeno una volta nel corso del 2007 senza soldi per pagare le spese alimentari, i vestiti, le spese mediche e quelle per i trasporti». C'è, poi, un milione e 500 mila famiglie (6,3% del totale) circa che denunciano, «oltre a seri problemi di bilancio e di spesa quotidiana, più alti rischi di arretrati nel pagamento delle spese dell'affitto e delle bollette, oltre a »maggiori limitazioni nella possibilità di riscaldare adeguatamente la casa e nella dotazione di beni durevoli « Dall'altro lato, circa dieci milioni di famiglie (il 41,5% del totale) mostrano »livelli inesistenti o minimi di disagio economico «Si tratta di famiglie con redditi alti e medio-alti, più diffuse nel Nord del Paese. Infine, circa 8 milioni e 800 mila famiglie (il 36,3% del totale) vivono» in condizioni di relativo benessere«: si tratta prevalentemente di famiglie formate da adulti e anziani a reddito medio e di altre più giovani a reddito medio e medio-alto, che hanno come problema quasi esclusivo il rimborso del mutuo.

Le condizioni del mercato del lavoro in Italia «peggiorano a causa della crisi in atto». Per la prima volta dal 1995, infatti, la crescita degli occupati nel 2008, che sono aumentati di 183 mila unità rispetto al 2007, è risultata inferiore a quella dei disoccupati, saliti di 186 mila unità sempre rispetto all'anno prima.

È quanto evidenzia l'ultimo rapporto annuale dell'Istat sulla situazione del Paese.    Lo scorso anno la disoccupazione è tornata a crescere dopo circa dieci anni di diminuzione, coinvolgendo in misura maggiore gli uomini. Il fenomeno ha interessato in particolare il Centro e il Nord-Ovest, anche se il Mezzogiorno si è confermata l'area con la maggiore concentrazione di disoccupati.

Nel 2008, inoltre, gli occupati «standard», cioè a tempo pieno e con durata indeterminata, sono risultati circa 18 milioni; i lavoratori «parzialmente standard» (a tempo parziale e con durata non predeterminata) circa 2,6 milioni; gli atipici (dipendenti a termine e collaboratori) quasi 2,8 milioni.

Per quanto riguarda gli atipici, evidenzia ancora il rapporto, quasi la metà - nello specifico un milione e 300 mila - sono presenti nel mercato del lavoro da più di dieci anni.

L'Italia è uno dei paesi europei con «la maggiore diffusione di situazioni di reddito relativamente basso: una persona su cinque è a rischio di vulnerabilità economica». Lo sottolinea il rapporto annuale dell'Istat, evidenziando che «rischi altrettanto elevati» si osservano in Spagna, Grecia, Romania, Regno Unito e nei paesi baltici. Il rischio di vulnerabilità riguarda, invece, soltanto una persona su dieci nei paesi scandinavi, nei Paesi Bassi, nella Repubblica Ceca e in Slovacchia.

Questo si rileva particolarmente nelle regioni meridionali: nel 2007 risultano esposte al rischio meno dell'8% nel Nord-est, poco più del 10% nel Nord-ovest e nel Centro e circa una su tre nel Mezzogiorno.

In particolare, la percentuale di popolazione a basso reddito nel Paese si attesta al 18,4%, sulla base di valori del 2006; l'incidenza risulta massima in Sicilia (41,2%), Campania (36,8%) e Calabria (36,4%). All'opposto, i valori meno elevati si registrano in Valle d'Aosta (6,8%) e nelle province autonome di Bolzano (6,6%) e Trento (3,8%).

Guardando al reddito disponibile, sempre nel 2006, le regioni del nord registrano un livello procapite superiore o prossimo ai 20 mila euro (20.300 euro al Nord-Ovest e 19.900 al Nord-est); le regioni del Centro mostrano livelli più bassi (18.500), pur mantenendosi al di sopra della media nazionale (16.200), mentre il Mezzogiorno detiene «storicamente» livelli sensibilmente più bassi, pari a 12.700 euro.

 

 

progetto: SoMigrafica 2009