Vincenzo Noto

 

 

Il libro della mente

 

Quante pagine! E’ l’enciclopedia dell’universo. E’ l’obiettivo dell’ineffabile. Primo perché l’ineffabile rischia di contattare la mente. Secondo perché la mente si interessa a perdersi nell’ineffabile. Pagine di spirito. Persino gli angeli scendono a scriverci dentro. Dentro non ho pagine di argilla, né di terracotta, né tanto meno fogli di papiro. Sono fogli incisi dalla luce, scritti di luce. Parlano con il silenzio persino lassù, nelle galassie del cielo.

Spacco la luce a frammenti e i suoi atomi divengono scintille di liberazione. Non sempre la libertà è amata dalla gente. Molti sono schiavi delle proprie fissazioni. Altri sono servi del cibo. Molti dell’insicurezza. I più muoiono senza essere mai nati alla coscienza. Altri poi se potessero vendere l’anima non solo al diavolo, farebbero un piacere a se stessi. Frantumo l’oro. Preferisco vestirmi di luce. Eppure nelle banche si scannano per i loro lingotti. E’ il metallo che acceca gli occhi di chi non sa vedere lo splendore dello spirito. Io non lo voglio anticare di sciocchezze. Nel libro della mente non ci sono pagine oscure. La miopia del discernimento è fuori di ogni concetto. Sego la morte e do spazio all’impossibile. Brucio le banconote e sono più ricco dei potenti che piombano nelle preoccupazioni del possesso e nell’odio dell’accaparrarsi denaro, possedimenti e palazzi. Molti si arroventano la coscienza di scrupoli di peccati mai esistiti. Ciò che non agisce con consapevolezza è vago e non è errore. Chiudo le pagine degli sbagli e il vento le svolazza come pula di cenere. Anche sulla bara il vangelo sfoglia la vita. Non raccolgo vento, anzi ho appreso a incanalare nel vortice dei venti ogni tempesta, uragani e ogni tromba di cattiveria. Scrivo la luce nei sacramenti dei pensieri. Cammino sulle acque leggero e sicuro. Il mare è il dono più splendido  che Dio abbia creato. Sposo la bellezza e esco dalle sue acque sempre più vergine. Abbatto i confini delle chiese e d entro mi echeggia sempre più dolce il sogno di colui che abbracciò sulla croce l’unità. Il suo corpo è glorioso e penetra le pareti più storte del cervello. Io non conosco come è il corpo glorioso. Non so dirvi nulla. So attendere però la sua meraviglia. Accartoccio la musica nelle mani ferite a guarirle di pace. Leggo gli impulsi del creato nel fiato delle aurore, come molecole che mi rinfrescano di eterna giovinezza. Capto gli ultrasuoni che i popoli dei secoli hanno inviato chiaramente nel canto dell’etere. Ho inciso nell’orecchio un’intuizione che si connette con miriadi di persone e con i suoni dell’universo contemporaneamente. Senza antenne di radio e di televisioni. Le onde per captare non sono altro che i miei pensieri. Non digerisco il putridume delle cattiverie. Vado in tilt dinanzi a tanto sporco, tanto che mi impedisce di leggere il passato, il presente e il futuro che è immediato in me. La chiave della mente è il volere. Chiunque può aprire l’impossibile con quella cimice della volontà. Fondo il magma ardente del centro della terra e impasto con le mani pagine di luci. Scolpisco persino i pensieri. Non svuoto la mente come chi estrae petrolio dal ventre dell’Africa solo per dominare. La mente non si svuota mai. Congiungo le mani a sposare ilo cielo con la terra. Nasce il paradiso che si può conoscere. Altro è l’eden dello spirito. Genero nella preghiera la salmodia che mi inebria dentro di santità. La santità si addice a ogni uomo. Non tutti gli angeli scendono sulla terra. So che molti volano nel cielo dell’invisibile. Non pensare che l’invisibile è irreale. Non può immaginare quanto sia concreto! Ai cherubini stessi è dato di leggere l’ineffabile. Alzo il destino della gente su questo piano di splendore. Non mi abbasso di tenebre dell’odio. Alzo il destino della gente su questo eden del sapere a non cadere nella disperazione. E’ certa la letizia per tutti. Nasce dall’anima e fiata negli occhi. Gli occhi leggono la gioia e leggono la morte dell’anima. Potessi scolpire ilo cielo, lo popolerei di case per i poveri. Ne hanno proprio diritto. Chi più di loro? Non calcolo il tempo nello scrigno della mente. Anzi in esso non abita affatto la clessidra delle ore e dei secondi. So contare solo i giorni della saggezza. Ho invitato lo spirito degli innocenti nelle vene della mente. Lo spirito non muove di fame. L’unica fame che ha, è quella dell’intelligenza. Dentro mi succede di tutto. Più di quando eco ora dalla luce, più di quando eco ora dall’acqua. Cado spesso salendo su quel gradino rotto. Le scale della luce non affannano. Solo leggere e mi volano in alto. A che serve stressarsi di tempo e di odio? Chi non disprezza, senza accorgersene è in compagnia di miriadi saggi. Non sapevo che la luce innamorasse tanti. Vi prego, non scherzate con la mente. E’ reale la sua sorgete di intuizioni. E’ una banca di creazione. Concepire la mente è solo potenza di Dio. Per questo non siamo nati dal fango. Noi siamo nati dal fiato di Dio. E’ l’alito della libertà. E’ il ruah che crea gli universi. Non può finisce ciò che viene dall’amore. Sono stanco di certe omelie che avviliscono soprattutto la mente e Dio. Sono stanco del male. Ciò che scrivo fa bene a me stesso. La penna dell’anima non si esaurisce mai. A presto, amico, l’appuntamento è nello scrigno della mente.

 

Paolo Turturro

 

 

 

progetto: SoMigrafica 2009