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“Rischio Yugoslavia” in Nigeria: Boko Haram cerca la guerra civile

 

“The road to Yugoslavia” è il titolo del documento nel quale i petrolieri nigeriani associati nel PENGASSAN denunciano il rischio di una guerra etnica e religiosa in Nigeria. E' certo singolare leggervi anche frasi del genere:  “quando i ricchi fanno la guerra sono i poveri a soffrire”. La vera paura dei petrolieri viene dalla consapevolezza che dietro gli attacchi di Boko Haram ai Cristiani c'è la volontà di Al Qaeda nel creare una nuova crisi in un paese strategico nel continente africano per l'approvvigionamento di petrolio.

 

Nell'attacco di domenica scorsa alle tre chiese cristiane si contano più di 66 morti, tra i quali molti bambini, ma non è che l'ultimo attentato ai cristiani di una serie che insanguinano il paese da tempo. Dall'inizio dell'anno si contano più di 400 morti, 97 dei quali sono caduti in un altro attentato soltanto dieci giorni fa.

Ma Boko Haram non si limita a fare strage di cristiani (1600 dal 2009 ad oggi): punta a terrorizzare il paese e le istituzioni, con attacchi dinamitardi contro giornali e istituzioni nazionali ed internazionali (come nell'attentato alla sede ONU di Abuja lo scorso agosto)

Da alcune fonti del Nigeria Tribune in questa settimana di disordini i Boko Haram avrebbero persino tentato il sequestro di un alto ufficiale di polizia entrando nella sua abitazione. Il comportamento sospetto degli estranei ha preoccupato la moglie, la quale ha avvertito il marito che si è presentato con i colleghi ad armi spianate. Gli scontri a fuoco si sono succeduti, dopo il fallimento del primo tentativo persino nell'ospedale dove l'ufficiale era stato successivamente ricoverato.

Dopo l'attentato di domenica scorsa il nord del paese è nel caos a causa di molte rappresaglie da parte di “giovani cristiani”, forse organizzazioni ben individuabili ma mai nominate. Alcuni testimoni parlano di posti di blocco nelle strade ed autostrade dove questi giovani fermano e trucidano i musulmani. Una notizia cita l'appello ufficiale  della Croce Rossa che chiede aiuto  “per le molte vittime che necessitano di sangue per le ferite da machete riportate ”. Anche diversi cronisti e fotoreporter risultano  vittime di pestaggi, di alcuni non si ha più notizia.

I musulmani hanno paura della rappresaglia: molti si sono barricati in casa, altri hanno chiesto asilo nelle caserme, altri si sono barricati nelle moschee secondo la testimonianza del capo imam di Onitsha Alhajii Hamza Abdulrahman. Un imam collaboratore di Alhajii si sfoga accusando della situazione uno dei leaders dell'Associazione Cristiana  della Nigeria (CAN)  che dopo gli attentati avrebbe avvisato i musulmani di possibili rappresaglie in varie parti del paese, di fatto dandone il via.

 

La situazione in Nigeria è molto grave e non può essere sottovalutata: non si tratta di attentati alla libertà religiosa come divulgano i media, ma di una vera e propria crisi fomentata dalla situazione di instabilità della regione, dalla situazione socioeconomica e dall'appoggio strategico di Al Qaeda ad un gruppo fondamentalista e teocratico che vuole assumere il potere. Questo è al momento nelle mani di un presidente che appare impotente, incapace, probabilmente corrotto,  che usa la celebrazione eucaristica domenicale come luogo dove lasciare dichiarazioni prive di forza e dove il suo ex ministro all'informazione tiene sermoni-propaganda che ricordano certi telefilm americani. Il paese e la sua classe politica devono riprendere il controllo del territorio prima che la strategia di Al Qaeda  riesca nel suo intento di far crollare l'economia del Nord  musulmano e fare così presa nelle masse, aizzandole contro il Sud cristiano. In un momento in cui la caduta della Libia sta facendo circolare molte armi sarebbe una carneficina i cui precedenti nei balcani sono troppo vividi nelle nostre menti per non fare qualcosa.

La comunità internazionale dovrebbe puntare i riflettori e sostenere una rapida pacificazione della Nigeria, sostenendo una rapida ripresa della crescita ed una fase politica più sana.

 

Riccardo Incandela

 

 

 

 

progetto: CytyMy