Vincenzo Noto |
FORME ESTREME DI PROTESTA. PERCHE’
Ogni giorno, in diverse parti d’Italia, decine di operai fanno ricorso a forme estreme di protesta per difendere il loro posto di lavoro. Salgono sui tetti delle aziende che minacciano di chiudere, si cospargono di benzina, si incatenano ai cancelli delle fabbriche (ma anche dei provveditorati scolastici, come hanno fatto recentemente i docenti precari licenziati in massa), cercano in tutti i modi di richiamare l’attenzione sul disastro economico in cui verrebbero a trovarsi se in effetti dovessero perdere il posto di lavoro. Con la riapertura delle fabbriche, dopo la consueta chiusura per le ferie estive, il problema sembra essersi acuito perché in tutte le aree del paese luoghi di lavoro che rischiano la chiusura e il ridimensionamento ce ne sono tanti. Probabilmente qualche imprenditore potrebbe approfittare del pesante clima economico dovuto alla crisi che non investe solo il nostro paese, per rivedere strategie aziendali e trasferire dove il lavoro costa di meno baracche e burattini programmando così guadagni più consistenti. Cosa che le autorità governative dovrebbero impedire in ogni modo. Il ricorso alla protesta estrema che, se attuata, potrebbe provocare anche vittime (e di questo il nostro paese non ha assolutamente bisogno), a mio giudizio è determinato da due variabili che, incrociandosi, determinano una complessità di avvenimenti che si rischia di non sapere più governare. Il governo nazionale appare tutto schierato dalla parte della CONFINDUSTRIA della quale il presidente Berlusconi è un autorevole esponente. I lavoratori hanno la sensazione che le autorità governative non mediano tra gli interessi del mondo operaio che rischia pesantemente, e quelli degli industriali che sostanzialmente un futuro economico lo hanno garantito per se e per figli e nipoti a prezzo anche di non pochi sacrifici. Un governo debole con i forti ( lo è stato anche con le banche che ringraziano Tremonti e compagni che oggi protestano perché si aspettavano un aiutino), non è in grado di garantire (se non con ammortizzatori sociali sempre meno consistenti) le fasce della popolazione che in questo momento soffrono le pene dell’inferno nella prospettiva di perdere anche casa perché impossibilitate a pagare mutui contratti quando le cose andavano bene. Debole nei confronti degli operai appaiono anche le organizzazioni sindacali ritenute inidonee a condurre a porto una trattativa che salvi il posto di lavoro. Le proteste così eclatanti e pericolose sono il segno che gli operai non si fidano più delle associazioni di categoria alle quali viene sostanzialmente tolto il potere di rappresentarli. Debole il governo, deboli i sindacati, gli operai ricorrono ad una pericolosa autogestione delle vertenze che, però, non li porta molto lontano, dal momento che non sono nelle condizioni di condurre trattative in grado di salvare il loro futuro. Col rischio che se si vedono ingannati possano fare ricorso a pericolose forme estreme non più come protesta, ma come strumento per salvare il salvabile. Vincenzo Noto
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progetto: SoMigrafica 2009