Vincenzo Noto

 

 

 

S.E.Mons. Salvatore Di Crstina

Arcivescovo di Monreale

 

Alla Comunità diocesana

 

 

La nostra Arcidiocesi è stata sottoposta in passato ad una notevole frammentazione del suo territorio finalizzata alla costituzione di un numero piuttosto considerevole di piccole parrocchie. A suo tempo l'operazione - che non risulta essere stata suggerita da particolari motivazioni pastorali - poté reggersi abbastanza agevolmente sul presupposto di un clero ancora abbastanza numeroso. Essa offri comunque alcuni vantaggi soprattutto sul piano dell'assistenza religiosa del popolo, che di fatto divenne indubbiamente più capillare. Furono però vantaggi non scevri da discapiti di vario genere. Ne ebbe a soffrire anzitutto il sentimento dell'appartenenza ecclesiale, reso meno autentico dall'incrementarsi dei fenomeni campanilistici e della conseguente refrattarietà alla collaborazione pastorale tra le parrocchie di uno stesso territorio. Ma ebbe anche a sopprime, nel suo insieme integrato, l'intera economia pastorale della diocesi, che di fatto venne sempre più deprivata della maggior parte delle sue specifiche figure ministeriali sacerdotali dalla diminuzione numerica del clero e dalla necessità, ritenuta prioritaria, di assicurare i pastori a tutte e singole le comunità parrocchiali.

 

Oggi, grazie alla riflessione seguita al Concilio Vaticano Il, una nuova consapevolezza del ruolo della parrocchia nella vita e nell'agire pastorale della chiesa locale è andata maturando un po' dovunque in Italia: una presa di coscienza che nell'ultimo decennio la Conferenza Episcopale Italiana ha fortemente favorito col mettere la parrocchia al centro dell'attenzione pastorale delle nostre diocesi non solo per la sua peculiare caratteristica, tutta italiana, che la vuole luogo privilegiato di aggregazione umana ma anche e soprattutto per la sua nativa vocazione missionaria sul territorio.

 

Per quanto riguarda le nostre parrocchie, questa provvidenziale presa di coscienza sta avvenendo in un momento particolarmente cruciale della nostra storia, soprattutto se si tiene conto del fatto che i fedeli delle nostre chiese presentano ancora una generalizzata abitudine a dipendere, per troppe più cose di quanto sia necessario, dai loro sacerdoti, mentre, per altro verso, sacerdoti e fedeli non appaiono in generale particolarmente propensi ai mutamenti.

Nel frattempo il calo numerico dei sacerdoti è divenuto tale da rendere fin da ora problematica, se non chimerica, la possibilità che ciascuna delle nostre attuali parrocchie disponga di un proprio parroco. Per altro verso, i profondi e rapidi mutamenti di carattere demografico, che stanno vistosamente modificando gli assetti urbanistici di tanti territori della nostra Arcidiocesi, mentre per alcuni di essi fanno esigere con urgenza la costruzione di nuove chiese, per altri invece è il numero

eccessivo delle chiese in essi presenti a rendere problematici sia il mantenimento della loro apertura al culto sia il loro stesso accudimento edilizio.

 

Se questo è il quadro della nostra situazione, è da esso che dovremo realisticamente partire, se "alle nostre parrocchie" vorremo assicurare quel "futuro" ragionevolmente percorribile a cui il carissimo mio predecessore, Mons. Cataldo Naro di felice memoria, aveva rivolto l'animo e iniziato a dare attuazione. Ed è avendo chiaramente presente questo quadro che un anno e mezzo fa ho voluto che il nostro Consiglio Presbiterale, cogliendo l'occasione della periodica revisione dei confini delle attuali parrocchie, studiasse la congruità sia della loro dislocazione nei diversi territori della nostra

Arcidiocesi sia del loro numero riferito alla nostra reale disponibilità di sacerdoti. Dallo studio, eseguito con diligenza e realismo, è emersa, come era prevedibile, la necessità che le nostre parrocchie venissero ridistribuite nel territorio e riproporzionate nel numero più razionalmente di quanto non appare oggi.

 

Lo studio stesso che ha portato al ridisegno di nuovi confini parrocchiali, all'erezione di nuove parrocchie e alla soppressione di altre ha già comportato un impegno di mente e di cuore da null'altro motivato e orientato che da elevate considerazioni e ragioni pastorali. L'impegno che dovrà seguirlo nella sua esecutività non potrà essere ispirato che dalle medesime considerazioni e ragioni. Si vuole che ogni parrocchia della nostra Arcidiocesi possa avere, con la grazia di Dio, la sua guida pastorale, il parroco. Si vuole pure che l'Arcidiocesi in quanto tale possa disporre degli operatori pastorali – sacerdoti possibilmente non parroci e laici - indispensabili per il rilancio della pastorale realmente integrata e integrale di tutta la sua compagine. Solo a partire da queste premesse minime ed essenziali le nostre parrocchie (sacerdoti e fedeli) potranno  aspirare a divenire, non solo luoghi di aggregazione fraterna e devota celebrazione e fruizione dei misteri della grazia di Dio, ma comunità cristiane autentiche, responsabili davanti al Signore del territorio del quale sono parte.

 

È mio vivo desiderio che tutti i miei compagni di fede nella diletta Arcidiocesi di Monreale accolgano il presente mio messaggio quale premessa e criterio delle disposizioni attuative che ad esso seguiranno.

 

Come tale lo affido alla benevolenza della Trinità Santissima e alla materna

intercessione della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa.

 

Monreale, 6 agosto 2010

Prot. 0384/10

Festa della Trasfigurazione del Signore

 

 

progetto: SoMigrafica 2009