Vincenzo Noto

 

 

 

Rientrare in se stessi
La Quaresima come tempo di "agonismo spirituale"

 

Per quaranta giorni nel deserto tentato dal diavolo. Quaranta giorni di digiuno, come scrive Luca, nella lettura per la prima domenica di Quaresima. Cosa c’entra il digiuno, il cibo, con i problemi etici, politici, religiosi del nostro tempo? Con la crisi economica che stiamo attraversando, con le difficoltà di un dialogo che, a più livelli, sembra dimenticare l’altro, i suoi diritti, a volte la sua stessa dignità? Cosa c’entra il deserto, quel restare isolato dal mondo, esposto alla fame, appunto, alla sete?

È lo stesso Luca che risponde: “Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto”. Non aveva bisogno di altro, confidava totalmente in Dio. Così anche le tentazioni, ricorda Benedetto XVI all’Angelus, “non furono un incidente di percorso, ma la conseguenza della scelta di Gesù di seguire la missione affidatagli dal padre”.
La pratica del digiuno è comune a tutte le tradizioni religiose e filosofiche, ed è soprattutto occasione per prendere coscienza della propria identità. Cristo, ricorda il Papa, “è venuto nel mondo per liberarci dal peccato e dal fascino ambiguo di progettare la nostra vita a prescindere da Dio”. E lo ha fatto non con “proclami altisonanti” ma con il mettersi in gioco, lottando contro il tentatore. Così la Quaresima, quei quaranta giorni di preparazione alla Pasqua, sono occasione per rileggere la nostra vita e il suo confrontarsi con se stessi, con gli altri, con il creato, soprattutto con Dio. È un mettere ordine, in sostanza, alla nostra esistenza, e questo perché “il mondo – ricorda il Papa – si migliora incominciando da se stessi, cambiando, con la grazia di Dio, ciò che non va nella propria vita”. Soprattutto è un cogliere, nell’essenzialità di un digiuno, ciò che veramente più conta, lasciando da parte inutili orpelli. In un certo senso è quel ritrovare uno stile di vita essenziale – la scorsa Pasqua il Papa parlava di uno stile di vita “azzimo”, non lievitato – che mette al primo posto quel qualcosa che è al di fuori di noi e che guida i nostri passi.

Nel digiuno c’è anche una fragilità fisica e si è ancor più bisognosi di sostegno. Fragilità che in qualche modo si può leggere nelle tre tentazioni che Benedetto XVI ricorda all’Angelus; tentazioni cui Satana sottopone Gesù. Innanzitutto la fame, cioè il bisogno materiale: “Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane. Ma Gesù risponde con la Sacra Scrittura: non di solo pane vivrà l’uomo”. La seconda tentazione è “l’inganno del potere”, il diavolo che mostra a Gesù “tutti i regni della terra e dice: tutto sarà tuo se, prostrandoti, mi adorerai”. Gesù, ricorda ancora il Papa, “smaschera questo tentativo e lo respinge: il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto. Non adorazione del potere, ma solo di Dio, della verità e dell’amore”. La terza tentazione è la proposta di compiere un miracolo spettacolare, “gettarsi dalle alte mura del Tempio e farsi salvare dagli angeli, così che tutti avrebbero creduto in Lui. Ma Gesù risponde che Dio non va mai messo alla prova. Non possiamo fare un esperimento nel quale Dio deve rispondere e mostrarsi Dio: dobbiamo credere in Lui! Non dobbiamo fare di Dio materiale del nostro esperimento”.

Ed ecco che quella debolezza del digiuno, che ci rende fragili ma che, nello stesso tempo, ci chiede di essere forti nel resistere alla tentazione, trova un “cibo” capace di nutrire e orientare le nostre scelte. Ed è sempre papa Benedetto che ci aiuta in questa ricerca, offrendoci questa lettura della Sacra Scrittura: “Gesù antepone ai criteri umani l’unico criterio autentico: l’obbedienza, la conformità con la volontà di Dio, che è il fondamento del nostro essere. Anche questo è un insegnamento fondamentale per noi: se portiamo nella mente e nel cuore la Parola di Dio, se questa entra nella nostra vita, se abbiamo fiducia in Dio, possiamo respingere ogni genere di inganno del tentatore”. Anche l’uomo di oggi conosce nel suo profondo la tentazione del potere, dell’ambizione e dell’edonismo e deve sconfiggerle grazie all’obbedienza a Dio. Anche qui l’immagine che papa Benedetto offre, è di aiuto alla nostra riflessione: Cristo è il nuovo Adamo, dunque fratello dell’uomo, “umile e obbediente al Padre” e, dunque, capace di resistere alla tentazione di essere immortali senza Dio, cosa che non riuscì al primo uomo e alla prima donna, nell’Eden. Ma nello stesso tempo, Cristo non usa la propria divinità per opprimere gli uomini: egli è figlio del Padre, ma anche fratello dell’uomo, nella sua fragilità.
Scrive il Papa nel messaggio per la Quaresima: “Adamo ed Eva, sedotti dalla menzogna di Satana, afferrando il misterioso frutto contro il comando divino, hanno sostituito alla logica del confidare nell’Amore quella del sospetto e della competizione; alla logica del ricevere, dell’attendere fiducioso dall’Altro, quella ansiosa dell’afferrare e del fare da sé, sperimentando come risultato un senso di inquietudine e di incertezza. Come può l’uomo liberarsi da questa spinta egoistica e aprirsi all’amore?”.

La Quaresima, dunque, è occasione per ripensare il proprio cammino: “È come un lungo ritiro, durante il quale rientrare in se stessi e ascoltare la voce di Dio, per vincere le tentazioni del maligno e trovare la verità del nostro essere. Un tempo, possiamo dire, di ‘agonismo’ spirituale da vivere insieme con Gesù, non con orgoglio e presunzione, ma usando le armi della fede, cioè la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio e la penitenza”.


Fabio Zavattaro

 

 

progetto: SoMigrafica 2009