Vincenzo Noto

 

 

SPERANZA PER PALERMO

 

Il degrado della città è sotto gli occhi di tutti, al punto che, sul giudizio da dare sulla sua condizione attuale, non ci si divide più come, invece, è capitato in altre stagioni della travagliata storia amministrativa di Palermo. Sarebbe negare l'evidenza ostinarsi a non considerare fallimentare la pluriennale esperienza amministrativa del sindaco Cammarata. Una esperienza amministrativa, caratterizzata dall’immobilismo, carica di grandi responsabilità, di errori inammissibili e tanto altro, di cui è meglio tacere, che ha reso la quinta città d'Italia ancor più invivibile di quanto non lo era stata,  e ce ne sono stati tanti,  anche nei momenti peggiori del suo passato. Un gestione che non merita commenti perché si giudica da sé e che suscita l'indignazione dei cittadini i quali vedono giornalmente violati i loro diritti e che sono costretti a pagare di tasca propria le scelte sbagliate del sindaco e dell'amministrazione comunale. 

I segni di questo malessere pubblico vengono messi in evidenza da una sempre più diffusa mobilitazione popolare, che a nostra memoria, solo nel periodo della “primavera di Palermo” si era realizzata. Un malessere che comincia a canalizzarsi all’interno di movimenti e associazioni, di varia estrazione o indirizzo, il cui obiettivo è, in primo luogo, quello di costringere il primo cittadino “a gettare la spugna” rassegnando il mandato e restituendo alla cittadinanza il diritto-potere di scegliere una nuova compagine amministrativa auspicabilmente in grado di affrontare i gravissimi problemi, e purtroppo sono proprio tanti, di cui Palermo è afflitta.

Sono movimenti e associazioni verso i quali va la nostra simpatia anche perché smentiscono una convinzione diffusa circa l’atavica rassegnazione della nostra comunità e la sua tradizionale incapacità di aprire un dibattito positivo e costruttivo forse dovuta al ricatto a cui è sottoposta da certi poteri forti che ne hanno, troppo spesso, condizionato il destino.

E proprio questa simpatia non può, però, esimerci da rassegnare alcune perplessità sulla reale capacità di incidenza del detto spontaneismo, non tanto sul versante della organizzazione della protesta, sulla quale siamo in gran parte d'accordo, ma su quello delle proposte che ci sembrano viziate da vincoli e limiti che, anche nel breve, ne potrebbero compromettere la reale capacità di divenire soggetti interlocutori e quindi di incidere nei processi politici. Il primo limite è l’assenza di qualsiasi forma di coordinamento fra questi stessi movimenti, addirittura in certi casi si registrano  irresponsabile formule concorrenziali che lasciano emergere l'antico vizio delle nostre genti, un deleterio individualismo spesso caricato di malcelate ambizioni personali.

Inoltre, mi pare che, al di là del gridare forte la rabbia per una situazione che sembra, anche per la ostinazione del primo cittadino a conservare una poltrona che scotta, non garantire sbocchi immediati, non vi siano proposte e programmi sui quali si possa onestamente chiedere alla gente di metterci la faccia assumendone le conseguenti responsabilità. Tutto ciò, come ben sappiamo, rende tutte le iniziative deboli e ingenera nella gente che sarebbe disposta a spendersi, riserve più che giustificate.

Ed ancora, mentre i problemi sono sul tappeto, c’è la vecchia ostinazione a declinare le proposte in termini di destra o sinistra, richiamando visioni ideologiche che alla lunga possono demotivare chi invece vuole partecipare in libertà.

Infine, a questi limiti se ne aggiunge un altro, credo decisivo per il successo delle iniziative intraprese, parlo della mancanza di un'idea forte sulla quale far convergere le aspettative della gente, un'idea che potrebbe essere strumento di aggregazione ma anche di speranza, un'idea concreta che schiodi dai luoghi comuni, figli dell'andazzo parolaio, a cui l'agire politico da tempo presente ci ha abituati.

E' quest'idea che aspettiamo, siamo convinti infatti che trovarla consentirebbe di fare un passo decisivo, sarebbe infatti un uscire dal genericismo protestatario, per dare vita ad un robusto movimento di ricostruzione, non solo materiale ma anche civile, per una città che ha bisogno, forse più che di tante altre, di tornare ad essere “normale”.

 

Pasquale Hamel (phamel@libero.it)

 

 

progetto: SoMigrafica 2009